Mi sono laureata in Medicina e Chirurgia nel 1987 e specializzata in Endocrinologia e Malattie del Ricambio nel 1992 presso l’Università degli Studi di Ferrara. Dal 1997 ad oggi svolgo attività assistenziale come Dirigente Medico di I° livello, a tempo pieno, presso l’Unità Operativa di Endocrinologia e Malattie del Ricambio dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara.
Dal 1° Novembre 2007 ad oggi ho il ruolo di Professore Associato in Endocrinologia presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Ferrara.
Da ottobre 2012 sono Direttore della Scuola di Specializzazione in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo presso l’Università degli Studi di Ferrara. Ho attivamente partecipato alla definizione di un percorso e alla costituzione di un ambulatorio dedicato di secondo livello creando anche un team di endocrinologi appassionati ed entusiasti, che, insieme a me, si occupano della presa in carico dei pazienti con sindrome di Klinefelter.
Questa condizione, geneticamente determinata, richiede una gestione interdisciplinare che vede impegnato in prima linea lo specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio, essendo caratterizzata da gravi alterazioni ormonali e del metabolismo con particolare frequenza della sindrome metabolica e del diabete di tipo 2.
Da sempre presso il nostro Centro vi è una particolare attenzione alle associazioni di pazienti, per cui, negli anni, abbiamo costruito una proficua collaborazione con le associazioni del settore, in particolare con “Nascere Klinefelter OdV”.
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1-Potrebbe dirci qual è il suo ricordo più significativo di questi anni?
È difficile scegliere un singolo momento tra tanti anni di esperienza, ma ce n’è uno che mi è rimasto particolarmente impresso. Nel 2007 un paziente si presentò presso i nostri ambulatori per una rivalutazione endocrinologica. Mi raccontò di aver scoperto la propria condizione da solo, in età avanzata, leggendo il dizionario medico alla voce ‘sesso cromosomico’ e riconoscendosi nella descrizione della sindrome di Klinefelter. Successivamente, insieme, abbiamo condiviso la scoperta che era anche portatore di una patologia rara e abbiamo affrontato insieme a lui e alla moglie il percorso di cura di entrambe le condizioni. È stata un’esperienza intensa, che porterò sempre con me.
Recentemente, invece, ho conosciuto un bambino che durante una visita in ambulatorio, con grande curiosità e innocenza, mi ha chiesto “mi spieghi cosa significa 47,XXY?”. È stato un momento che mi ha ricordato quanto sia importante offrire risposte chiare e rassicuranti, adatte alle varie età, e quanto la modalità di comunicazione possa fare la differenza nel loro percorso. È bello assistere all’acquisizione di consapevolezza da parte delle famiglie, che si sentono comprese nella gestione delle problematiche quotidiane e si sentono meno sole attraverso una buona informazione e il senso di supporto dato dalla presa in carico.
2-Potrebbe specificare di quali aneuploidie dei cromosomi XY e quanti pazienti assiste all’anno? E sempre annualmente quanti e quali sono i nuovi accessi?
Presso l’ambulatorio di Andrologia nello scorso anno abbiamo erogato più di un centinaio di visite. I nuovi accessi sono in costante aumento e nel corso del 2024 abbiamo avuto circa trenta richieste di prima visita.
Nel nostro ambulatorio seguiamo prevalentemente persone con sindrome di Klinefelter, più spesso con cariotipo 47,XXY ma anche qualcuno con 48,XXXY e 49,XXXXY e alcuni con la sindrome di Jacobs. Nell’ambulatorio dedicato alle patologie rare assistiamo inoltre donne affette da sindrome di Turner.
3-Quali sono, secondo Lei, i principali problemi (clinici, sociali ecc.) che si riscontrano nella transizione dall’età pediatrica all’età adulta per i pazienti?
Il processo transizione dall’età pediatrica a quella adulta dovrebbe essere adattato alle esigenze specifiche del singolo individuo. È importante la collaborazione tra pediatra ed endocrinologo, in quanto questa fase si associa a problematiche cliniche e relazionali.
Una delle problematiche principali è l’acquisizione della piena consapevolezza del soggetto portatore di SK della sua condizione. In questa fase, infatti, si assiste al passaggio da una gestione da parte dei genitori a una gestione diretta del soggetto portatore. Contemporaneamente si ridefiniscono anche gli obiettivi di cura: si inizia a parlare di terapia sostitutiva con testosterone, di fertilità e di sorveglianza delle complicanze associate alla sindrome. L’ideale sarebbe effettuare questa transizione nello stesso ospedale, e alla prima visita dovrebbero essere presenti sia il pediatra che l’endocrinologo, per cercare di ridurre l’ansia del cambiamento e aiutare il paziente ad adattarsi alle nuove figure di riferimento.
4-Dove non esiste un percorso definito, per la transizione dall’età pediatrica a quella adulta cosa succede nella realtà? Come pensa si possa far fronte a questo problema?
Il passaggio dal pediatra al medico dell’adulto è una fase molto delicata. Se non gestito correttamente, può compromettere l’accesso del paziente a cure adeguate con ripercussioni anche sulla sua qualità di vita.
Nel nostro ospedale abbiamo la fortuna di disporre di un percorso dedicato alla transizione.
Il pediatra, infatti, affida il soggetto al medico dell’adulto durante una visita congiunta.
Tuttavia, talvolta nel nostro ambulatorio arrivano pazienti seguiti da pediatri di altri ospedali. In questi casi, sarebbe molto utile poter stabilire un contatto diretto con il pediatra, per organizzare una visita congiunta anche da remoto, per garantire una transizione più efficace e senza interruzioni nel percorso di cura.
5-Nel Centro in cui Lei opera, c’è la possibilità, anche in sinergia con altre strutture, di dare continuità assistenziale nelle diverse fasce d’età e per le diverse eventuali comorbidità?
Nel nostro Centro assistiamo pazienti di tutte le età, dall’infanzia fino all’età adulta, garantendo così una continuità nel processo di cura. Il nostro team è attento alle specifiche problematiche che possono emergere nelle diverse fasce d’età, assicurando un’assistenza completa e personalizzata.
6-Come si accede al Centro dove Lei opera (telefono, mail contatto)?
Presso il nostro Centro, l’ambulatorio di Andrologia è classificato come ambulatorio di II livello. Si accede dopo una visita presso l’ambulatorio endocrinologico di primo livello (prenotazione tramite CUP o chiamando il numero verde 800532000 con impegnativa per “visita endocrinologica” presso l’ambulatorio di Endocrinologia Generale del nostro Ospedale) o per prenotazione diretta da parte di specialisti del territorio. Una possibilità è anche tramite le associazioni che possono contattarci via mail (uoendosegr@ospfe.it) per segnalarci soggetti che hanno necessità di presa in carico.
7-Nel Centro in cui Lei opera c’è una equipe multi disciplinare e quali ambiti vengono gestiti?
Nel nostro centro abbiamo la possibilità di collaborare e confrontarci con molti specialisti, come genetisti, dietisti, cardiologi, urologi, radiologi e pneumologi.
Presso il nostro centro sono attivi un ambulatorio andrologico di secondo livello, un ambulatorio tests dinamici e prelievi per eseguire esami ematochimici, un percorso ambulatoriale complesso (PAC/Day Service) che permette di organizzare valutazioni specialistiche interdisciplinari garantendo una gestione completa e integrata dei pazienti.
8-Il collegamento con i servizi sociosanitari territoriali è a suo giudizio efficiente?
Il nostro obbiettivo è rafforzare la rete con i servizi sociosanitari territoriali. Riceviamo regolarmente richieste di presa in carico dei pazienti da parte degli specialisti territoriali e siamo sempre disponibili a collaborare e confrontarci con i Colleghi quando necessario.
9-Esiste una rete sul territorio per la gestione delle diverse aneuploidie dei cromosomi sessuali?
Noi collaboriamo con gli endocrinologi del territorio e i genetisti i quali possono prenotare direttamente un appuntamento presso il nostro ambulatorio di Andrologia.
10-Quali sorprese secondo Lei, potrebbero riservarci ulteriori ricerche sulle aneuploidie dei cromosomi sessuali?
La ricerca nel campo delle aneuploidie è in costante evoluzione. Negli ultimi anni, ad esempio, si sta concentrando l’attenzione sull’effetto di una terapia ormonale precoce sullo sviluppo cognitivo e psicologico nei bambini con queste condizioni. Gli studi potrebbero aiutare a comprendere meglio i legami tra aneuploidie dei cromosomi sessuali e gli aspetti neurocognitivi, fornendo le basi per sviluppare interventi personalizzati in grado di offrire un supporto neuropsicologico più mirato ed efficace. Inoltre, ulteriori ricerche potrebbero favorire lo sviluppo di nuove tecniche per migliorare la fertilità nei portatori di aneuploidie, offrendo loro nuove opportunità in ambito riproduttivo.
Un altro ambito riguarda il legame tra aneuploidie e complicanze metaboliche. Approfondire questo ambito e gestire tali problematiche fin dall’età pediatrica potrebbe migliorare sia la prevenzione che i trattamenti, contribuendo a una qualità di vita migliore per questi soggetti.
11-Cosa pensa della TELEMEDICINA? Ritiene che possa essere un valido supporto nel rapporto medico-paziente?
La telemedicina è sicuramente uno strumento innovativo che risponde alle esigenze di pazienti che, per vari motivi, non riescono a recarsi in ospedale, consentendo un monitoraggio continuo e frequente delle loro condizioni. Tuttavia, non può sostituire completamente la visita medica in presenza, poiché la mancanza di un esame obiettivo può limitare la diagnosi.
12-Cosa ne pensa delle Associazioni di Pazienti riferite alla sindrome di Klinefelter e alle altre anomalie dei cromosomi. XY?
Le Associazioni svolgono un ruolo fondamentale, offrendo lo spazio di confronto tra persone con la stessa condizione e rispondendo ai loro dubbi, aiutandole a sentirsi meno sole. Per alcuni, queste realtà possono fare la differenza diventando un punto di riferimento, a volte una seconda famiglia. Nella nostra attività quotidiana collaboriamo con le associazioni e in questo ambito con l’Associazione “Nascere Klinefelter”. Insieme abbiamo ideato molti progetti di formazione e ricerca, alcuni dei quali sono stati anche oggetto di pubblicazione.
13-Nel vostro Centro perché vi occupate di sindrome di Klinefelter e chi se ne occupa?
Da diversi anni, presso il nostro centro abbiamo iniziato ad interessarci di questa condizione per dare risposte alle richieste di aiuto anche da parte di associazioni. Con il tempo, e in particolare negli ultimi anni, la richiesta è aumentata significativamente. Per garantire una risposta qualificata in ogni momento, fin dall’inizio è stato creato un team dedicato. Nel corso degli anni a me si sono affiancati diversi medici in formazione e specialisti che hanno dimostrato interesse e passione per questa condizione.
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intervista gentilmente rilasciata dalla Prof.ssa Maria Rosaria Ambrosio, Medico Specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio, al Gruppo SVITATI47.