EDGARDO SOMIGLIANA: PMA OMOLOGA, ECCO TUTTA LA VERITÀ

23 DOMANDE SULLA PMA. IN PARTICOLARE SULLA PMA OMOLOGA QUANDO RICHIESTA DALLE PERSONE CON SINDROME DI KLINEFELTER CHE DESIDERANO UN FIGLIO POSSIBILMENTE UTILIZZANDO I PROPRI SPERMATOZOI. NOI DEL GRUPPO SVITATI47, PIU’ CHE RIPORTARE I DATI DELLA LETTERATURA MEDICA INTERNAZIONALE, PREFERIAMO CHIEDERE LE INFORMAZIONI DIRETTAMENTE A CHI OPERA DA ANNI SUL CAMPO. CI RISPONDE EDGARDO SOMIGLIANA, DIRETTORE DEL CENTRO PMA DEL POLICLINICO DI MILANO (CLINICA MANGIAGALLI).

Mi chiamo Edgardo Somigliana, sono nato in Francia, vicino a Parigi, e lì ho cominciato le scuole. Quando i miei genitori tornarono in Italia alla fine degli anni ’70, completai il mio percorso di studio alla Scuola francese di Milano dove ho preso la maturità nel 1988.
A quel punto, sono passato nel sistema d’insegnamento italiano, laureandomi in Medicina con la Lode presso l’Università degli Studi di Milano nel 1994 e, sempre nella stessa università, mi sono poi specializzato in Ostetricia e Ginecologia nel 1999 e ho preso un dottorato di ricerca in diagnosi prenatale nel 2006. Lavoro in Mangiagalli (ora accorpata al Policlinico) dal 1999, prima con borsa di studio e successivamente come ospedaliero.
Nel 2010 ho preso un “anno sabbatico” andando a lavorare in un ospedale rurale nel Nord dell’Uganda.
Nel 2016 ho fatto il “salto della quaglia” (come si dice da noi) lasciando il ruolo di dirigente ospedaliero e diventando Professore Associato in Ostetricia e Ginecologia presso l’Università dove mi sono formato.
Dal 2012 dirigo il Centro PMA del Policlinico.
Hobby? Pochi a dire il vero. I principali sono la lettura, le partite dell’Inter con i miei figli e la montagna d’estate.

– – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

1. Nel Centro di PMA da lei diretto, quale è il percorso di “presa in carico”  dal momento in cui una  coppia con partner maschile con cariotipo 47,XXY vi contatta ?  Il paziente viene preso in carico in modo multidisciplinare. Le principali figure coinvolte sono l’andrologo, il ginecologo esperto in PMA e il genetista. Se necessario possono essere coinvolti anche il biologo e lo psicologo. Il percorso diagnostico terapeutico differisce qualora trattasi di paziente che si presenta per accertare il suo stato di fertilità e l’eventuale possibilità di crioconservare il seme oppure se trattasi di paziente in cui la diagnosi di sindrome di Klinefelter è emersa nel corso di accertamenti svolti per un quadro di infertilità. In questo secondo caso, la gestione è di coppia e l’attenzione è rivolta anche alla partner:  il ruolo centrale è svolto dal ginecologo esperto in PMA. Nel primo caso invece il ruolo centrale spetta all’andrologo.

2.Cosa pensa della TELEMEDICINA ?  Penso che non si adatti alla Medicina. E’ una deriva che purtroppo il Covid-19 ha amplificato e addirittura “giustificato”. L’interazione con il paziente è un elemento centrale dell’arte medica, e non si può ridurre ad uno scambio di informazione. La comunicazione non verbale e il contesto sono aspetti molto importanti, in particolare in situazioni molto delicate e sfumate come l’infertilità. Il counseling è centrale nella decisione del percorso. Ogni parola, ogni cenno, ogni sguardo può avere un significato.

3.Presso il Centro è attivo un servizio di TELEMEDICINA ?  No

4.Ritiene, in generale, che possa essere un valido supporto nel rapporto medico-paziente ?   No. Potrebbe avere solo un ruolo marginale, per convogliare minime informazioni pratiche in pazienti già del tutto inquadrati clinicamente. La medicina di oggi si concentra sempre più sugli esami e sempre meno sul rapporto medico-paziente. E’ una deriva intollerabile. Perdere di vista il contatto medico-paziente aumenta i costi, gli sprechi, le incomprensioni. I pazienti vogliono e devono stare con i medici. Qualunque strada finalizzata a ridurre questo tempo o ad “ottimizzarlo”  è una scorciatoia malsana. Sembrerà stupido ma anche il fatto stesso di liberarsi il tempo per andare dal medico e ricavare quindi un momento dedicato ha un valore.

5.In particolare,  in questo periodo caratterizzato dalla pandemia covid-19, viene utilizzata dal vostro Centro, come primo approccio tecnico e psicologico?    No. Come primo approccio poi non ha proprio senso. La chiusura dell’attività ambulatoriale è avvenuta esclusivamente nel primo lock-down di marzo 2020. Successivamente non si è mai fermata.

6. In caso di diagnosi di sindrome di Klinefelter come avviene e chi è preposto alla comunicazione e al commento della diagnosi ?    Salvo incomprensioni (come pazienti che ritirano gli esami per conto proprio), spetta al genetista comunicare la diagnosi. A riguardo, è giusto sottolineare che la genetista nel nostro Centro di PMA lavora a stretto contatto con il resto del gruppo per cui ha una grande sensibilità clinica non solo sui problemi genetici in genere ma anche sull’infertilità e i suoi trattamenti.

7.Nei soggetti 47,XXY privilegiate  l’ipotesi di una PMA omologa, indipendentemente dall’età del partner maschile, oppure , avete individuato un’età massima e/o altre condizioni per le quali sconsigliate l’intervento di biopsia testicolare per la ricerca degli spermatozoi?    I dati clinici a disposizione non consentono consulenze direttive. Non abbiamo modo di identificare con sufficiente accuratezza chi troverà o non troverà spermatozoi nella biopsia e tantomeno chi riuscirà o non riuscirà ad avere un figlio. Dobbiamo esprimerci in maniera sfumata (riportando probabilità) e condividere, quindi, con la coppia la scelta terapeutica. Dai dati di letteratura sappiamo che la chance di trovare spermatozoi alla biopsia testicolare è del 22% indipendentemente dall’età del maschio. Non c’è modo di indicare una strada chiara e unica sulla base degli esami a disposizione. Occorre scegliere insieme.

8.Che tipo di soluzione chirurgica adottate prevalentemente: TESE o MicroTESE ?   Le due tecniche non si sono poi dimostrate molto diverse in termini di recupero di spermatozoi. L’indicazione ideale sarebbe la microTESE, in considerazione del ridotto volume dei testicoli dei soggetti Klinefelter e per preservare il più possibile la polpa testicolare. Nella nostra casistica abbiamo usato prevalentemente la microTESE.

9.Quali sono i motivi alla base di questa scelta?    Con la microTESE si è più selettivi nella scelta dei tubuli seminiferi da esplorare e si preleva meno tessuto ma in modo mirato. Questo intervento consente quindi di preservare meglio il testicolo ed evitare una caduta del testosterone nel post operatorio. Inoltre si è visto in letteratura che il tasso di complicanze è minore per la microTESE rispetto alla TESE classica.

10. Vi sono costi per l’utente per questi due interventi ?    No. L’intervento è coperto dal Sistema Sanitario Nazionale.

11.Negli ultimi 5 anni di attività, quanti soggetti con sindrome di Klinefelter avete trattato ?     18 MicroTESE.

12.E  quanti di essi hanno optato, in prima battuta, per la PMA omologa piuttosto che per l’eterologa?  Tutti. In realtà però, la sensibilità verso l’eterologa sta rapidamente cambiando in questi ultimi 2-3 anni. Se ne parla di più e molte coppie hanno anche smesso di nasconderla. Sta diventando più “normale” e quindi accettata. Mi aspetto quindi che qualche paziente in più opterà direttamente per l’eterologa nei prossimi anni. La donazione di seme è tecnicamente molto più semplice ed efficace. E’ tuttavia chiaro che la donazione necessita di un percorso culturale che porti ad interiorizzare l’idea che tutti noi non siamo il DNA ma, bensì, il nostro percorso di vita. La nostra personalità riflette il nostro percorso esistenziale: chi ci ha accolti alla nascita, chi ci ha cresciuti, chi abbiamo incontrato. Il DNA ha un ruolo in fondo modesto, per certo inferiore a quello del caso. Le differenze genetiche tra gli individui sono così minime da essere irrisorie per un occhio esterno. E’ evidente quindi che chi vede l’esistenza in questo modo potrebbe propendere più facilmente verso la donazione.

13.Negli ultimi 5 anni di attività, quale è stato il numero totale di interventi di biopsia testicolare su persone con cariotipo 47,XXY?    18.

14.E quale è stata la percentuale  di successo nel recupero chirurgico  di spermatozoi ?    22% circa.

15. Nel vostro Centro è disponibile  la PGD ?   Sì.

16.Secondo la sua opinione , quando può essere necessario eseguirla ? La PGD (che oggi si preferisce chiamare PGT, pre-implantation genetic testing) è una tecnica volta a identificare condizioni genetiche per cui una coppia presenta un rischio aumentato. Nel caso delle anomalie dei cromosomi sessuali, questa tecnica trova scarsa indicazione. Occorre infatti sottolineare che l’invasività della procedura e la sua performance non ottimale di fatto riduce le percentuali di successo della fecondazione in vitro. Per questo motivo, eseguiamo questa procedura solo per identificare malattie genetiche classiche (non cromosomiche) in cui uno o entrambi i membri della coppia presentano un rischio alto di trasmissione. La sindrome di Klinefelter non rientra tra queste situazioni.

17.in questo caso quale tecnica di analisi delle blastocisti viene utilizzata?    La tecnica NGS (Next Generation Sequencing)

18. In riferimento   alle coppie con il partner maschile affetto da sindrome di Klinefelter trattate presso il vostro Centro,  qual è stato, in questi ultimi 5 anni, il numero di gravidanze portate a termine?  Due.

19.Nel caso di un numero superiore a 10  è possibile conoscere il numero medio di tentativi per ogni gravidanza ottenuta anche in relazione alla fascia di età matern:.   18-25  26-35  36-42 ?   Indubbiamente il successo si riduce linearmente con l’età della donna, indipendentemente dal fatto che il partner sia affetto da sindrome di Klinefelter. In generale, la discesa delle percentuali di successo è lineare e inizia verso i 35 anni. Gravidanze dopo i 43 anni sono eccezionali e pertanto la procedura viene sconsigliata sopra questa età. Purtroppo, questi trend si possono estrapolare solo su grossi numeri e cercare di farli emergere dai pochi casi trattati per sindrome di Klinefelter è inutile.

20. Quali sono i tempi di attesa per iniziare il percorso di PMA presso il Centro in cui lei opera ?  Le coppie si trovano nella situazione di dover fronteggiare due liste di attesa; la prima per fare l’intervento per il recupero degli spermatozoi, la seconda per eseguire la fecondazione in vitro. Non è una situazione accettabile. Pertanto, di comune accordo con il servizio di urologia-andrologia, si è deciso di eseguire subito la PMA nei pazienti che riescono a crioconservare spermatozoi. Di fatto quindi c’è solo una lista di attesa da affrontare, quella per il recupero chirurgico degli spermatozoi. La durata è un po’ variabile (in particolare in questo periodo di pandemia) ma in media è di circa 6 mesi. Stiamo proprio lavorando su questo punto, in queste settimane, al fine di ridurla.

21.Quanto tempo passa, di solito, tra un ciclo fallito e il ciclo  successivo ?    Non c’è un motivo clinico per dilazionare i tentativi. Passa il tempo necessario perché la coppia ritrovi le energie per ripartire.  Di solito un paio di mesi bastano per riprendersi e ricominciare.

22.Negli ultimi anni si è enfatizzato il ruolo della diagnosi precoce della sindrome dì Klinefelter, cioè entro l’età prepuberale, perché consentiva di attivarsi precocemente  per il recupero e la crioconservazione degli  spermatozoi, prima di iniziare l’eventuale terapia sostitutiva con testosterone.    Ultimamente, però, come è stato riportato anche da alcuni Relatori al 2° Congresso KING, tenutosi  a Napoli il 25-26 ottobre 2019, parrebbe che questi presupposti non siano più così determinanti, al punto che ne l’età, ne  la terapia sostitutiva, parrebbero  influire su una maggior possibilità di recupero chirurgico di spermatozoi. Quale è la sua opinione in merito ?   Non ci sono opinioni. Occorre solo cercare fatti. Effettivamente questo mito del “prendi spermatozoi ai ragazzini finché ce ne sono” sembra superato. D’altro canto, non ritengo molto sensato eseguire un recupero chirurgico in un paziente sotto terapia sostitutiva per testosterone. L’interferenza del testosterone terapeutico non è a sua volta un motivo sufficiente per sottoporre i ragazzini ad un intervento che può anche avere connotati drammatici e discriminatori. La terapia può infatti essere interrotta da adulto per i mesi necessari a garantire la ripresa della spermatogenesi (3 mesi) prima di eseguire il recupero chirurgico.

 23. Quali sono, secondo lei le prospettive di incremento di successo nel prossimo futuro  per le coppie coinvolte dalla sindrome di Klinefelter  in relazione alla  PMA  omologa?    La PMA non ha molti margini. Negli ultimi anni ci sono stati notevoli progressi sul versante dei rischi. I casi di sindrome da iperstimolazione ovarica o di gravidanza multipla sono divenuti occasionali. La percentuale di successo invece è aumentata solo di poco. Probabilmente questa “inefficienza riproduttiva” è una caratteristica della specie umana. Non siamo molto fertili. La percentuale di gravidanza al mese nelle coppie giovani senza problemi non supera il 20-25%. Non è quindi sorprendente che la PMA non riesca ad andare molto più in là. La PMA cerca di ricostruire la normalità della specie. Altri animali sono molto più fertili.


Centro PMA – PUBBLICO
Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico.
Via Manfredo Fanti 6 – 20122 – Milano – Tel 02 55034311

.
.
Intervista gentilmente rilasciata dal Prof. Edgardo Somigliana – medico specialista in Ostetricia e Ginecologia al Gruppo SVITATI 47 il 04 febbraio 2021

Condividi:

Ultimi Articoli

COMUNICAZIONE

Monica Peano e Maurizio Vittadini hanno deciso, rispettivamente il 17 e il 19 novembre 2024, di lasciare il “Gruppo SVITATI47”. Questa loro decisione è maturata

Leggi tutto »