FABIO LANFRANCO. GRANDE ESPERIENZA AL SERVIZIO DEL TERRITORIO IN CUI OPERA, TORINO, IN SINERGIA CON LE STRUTTURE CITTADINE. GIÀ FIGURA DI RIFERIMENTO PER LA SINDROME DI TURNER, COLLABORA CON IL PROGETTO KING (KLINEFELTER ITALIAN GROUP) ALLA MIGLIOR CONOSCENZA DELLA SINDROME DI KLINEFELTER PER OFFRIRE AI PAZIENTI NUOVE E MIGLIORI OPPORTUNITÀ.
Mi sono specializzato in Endocrinologia e Malattie del Ricambio nel 2002 presso l’Università di Torino e da allora ho lavorato presso la Città della Salute e della Scienza di Torino. Nei primi anni 2000 abbiamo inaugurato un Ambulatorio di malattie rare endocrinologiche (all’epoca la sindrome di Klinefelter era classificata come “rara”) in cui ci occupavamo ampiamente di aneuploidie cromosomiche, in particolar modo di sindrome di Klinefelter e di sindrome di Turner.
Nel 2003 e 2004 ho avuto la fortuna di lavorare come ricercatore straniero presso l’Istituto di Medicina della Riproduzione dell’Università di Munster, in Germania, sotto la direzione del prof. Eberhard Nieschlag, andrologo di fama mondiale. In quella sede mi sono dedicato principalmente allo studio della sindrome di Klinefelter. Erano gli anni in cui cominciavano ad essere applicate metodiche di fecondazione assistita a coppie con partner con sindrome di Klinefelter, rivoluzionando il concetto dell’infertilità di queste persone.
Dal 2020 lavoro presso l’ospedale Humanitas Gradenigo di Torino, dove sono stato chiamato a dirigere la Struttura Complessa a Direzione Universitaria di Endocrinologia, Andrologia e Metabolismo. Continuo a occuparmi di malattie rare endocrinologiche e le persone con sindrome di Klinefelter, che da alcuni anni non è più classificata come condizione “rara”, afferiscono all’ambulatorio di Andrologia.
1. Potrebbe dirci qual è il suo ricordo più significativo di questi anni ? Il mio ricordo professionale più significativo è il periodo di lavoro e ricerca trascorso in Germania dove ho avuto modo, in un ambiente scientifico internazionale e altamente professionalizzante, di approfondire le mie conoscenze di Andrologia e Medicina della riproduzione. E’ lì che ho cominciato ad occuparmi di sindrome di Klinefelter avendo accesso a una banca dati ricchissima.
2. Potrebbe specificare di quali aneuploidie dei cromosomi XY e quanti pazienti assiste all’anno? E sempre annualmente quanti e quali sono i nuovi accessi? Attualmente mi occupo prevalentemente di sindrome di Klinefelter e seguo personalmente 40-50 pazienti all’anno. I nuovi accessi sono 6-7 all’anno: si tratta di adolescenti o giovani adulti che vengono inviati dall’Ospedale Infantile della mia città o di persone che mi vengono segnalate da voi o dalle associazioni avendo ricevuto la diagnosi in età adulta e non avendo ancora un andrologo di riferimento. Nell’ambito delle malattie rare endocrinologiche mi occupo anche di sindrome di Turner (o monosomia X), assistendo circa 12-15 pazienti la cui diagnosi è stata effettuata dai Colleghi pediatri.
3. Quali sono, secondo lei, i principali problemi (clinici, sociali ecc.) che si riscontrano nella transizione dall’età pediatrica all’età adulta per i pazienti? Dal punto di vista clinico il problema maggiore per i pazienti e le loro famiglie è abbandonare l’approccio pediatrico, normalmente sempre con lo stesso specialista anche in ambito ospedaliero, e iniziare a rapportarsi con il medico dell’adulto. Cambia il rapporto con lo specialista (in ospedale spesso non si è seguiti sempre dallo stesso medico), cambia l’organizzazione (alle visite ci si dovrà presentare da soli e non accompagnati dai genitori) e, soprattutto, aumenta il grado di responsabilizzazione dei pazienti nella gestione delle terapie e dei controlli sanitari periodici. Se c’è una buona collaborazione tra pediatri e specialisti dell’adulto, la transizione avviene in modo semplice e rappresenta una tappa di crescita e di autonomizzazione dell’individuo.
4. Dove non esiste un percorso definito, per la transizione dall’età pediatrica a quella adulta cosa succede nella realtà? Come pensa si possa far fronte a questo problema? Se i pediatri non hanno un Centro o uno specialista di riferimento a cui inviare i loro assistiti, la transizione è certamente più complicata: bisogna affidarsi al passaparola o a internet e si possono incontrare numerose incognite. In questo caso è fondamentale il ruolo delle associazioni di pazienti, che conoscono gli specialisti di riferimento nei vari territori e possono indirizzare efficacemente i pazienti.
5 .Nel Centro in cui lei opera, c’è la possibilità, anche in sinergia con altre strutture, di dare continuità assistenziale nelle diverse fasce d’età e per le diverse eventuali comorbidità ? Sicuramente sì; nel mio Centro la collaborazione con altri specialisti, che possono essere coinvolti nella gestione della sindrome di Klinefelter, è consolidata; anche la sinergia con altre strutture cittadine (ad esempio laboratori di seminologia e centri per la fecondazione assistita) è ampiamente collaudata.
6. Come si accede al Centro dove lei opera (telefono, mail contatto)? La prenotazione all’Ambulatorio di Endo-Andrologia dell’Ospedale Humanitas Gradenigo, in corso Regina Margherita 10 a Torino, può essere telefonica (tel. 011.19101010) oppure via internet (https://www.gradenigo.it/prenotazioni)
7. Nel Centro in cui lei opera c’è una equipe multi disciplinare e quali ambiti vengono gestiti ? Nel mio Centro è presente un’equipe multidisciplinare costituita da Endocrinologi, Urologi, Radiologi, Laboratoristi, Psicologi; sono inoltre disponibili tutte le specialità mediche e chirurgiche per la diagnosi e la terapia di problematiche anche non strettamente inerenti la sindrome di Klinefelter in sé.
8. Il collegamento con i servizi socio sanitari territoriali è a suo giudizio efficiente? Sì, il collegamento tra l’ospedale in cui opero e i servizi territoriali è gestito da un apposito ufficio che lavora con grande efficienza.
9. Esiste una rete sul territorio per la gestione delle diverse aneuploidie dei cromosomi sessuali? A Torino e in Piemonte esiste una consolidata collaborazione tra specialisti che si occupano a vari livelli (diagnostico, terapeutico) di aneuploidie dei cromosomi sessuali, soprattutto nell’ambito della Rete regionale delle malattie rare.
10. Quali sorprese secondo lei, potrebbero riservarci ulteriori ricerche sulle aneuploidie dei cromosomi sessuali ? Più che “sorprese” penso che le future ricerche sulle aneuploidie dei cromosomi sessuali possano portare a nuove conquiste nel campo delle possibilità di procreare, con rischi sempre minori di trasmissione di anomalie genetiche.
11. Cosa pensa della TELEMEDICINA ? Ritiene che possa essere un valido supporto nel rapporto medico-paziente? La telemedicina deve diventare un’opzione di consulto medico in tutte quelle situazioni in cui, come l’emergenza sanitaria attuale ci sta insegnando, l’accesso ad una struttura sanitaria sia difficilmente praticabile; può permettere anche a chi vive in aree distanti dai Centri specialistici di riferimento di rapportarsi con uno specialista e può agevolare i contatti periodici tra paziente e medico di fiducia. Non può sostituire comunque una visita di persona nel caso di un primo consulto medico e del primo inquadramento diagnostico e terapeutico.
12. Cosa ne pensa delle Associazioni di Pazienti riferite alla sindrome di Klinefelter e alle altre anomalie dei cromosomi XY ? Le Associazioni rivestono un ruolo di enorme importanza non solo per i pazienti e le loro famiglie ma anche per i sanitari, i quali possono ricevere informazioni su problematiche burocratiche, gestionali, sociali delle persone da loro assistite (penso ad esempio alle problematiche relative al rilascio di esenzioni, e/o di piani terapeutici). Come già detto, costituiscono per i pazienti un punto di riferimento affidabile per essere indirizzati ai Centri medici e agli specialisti presenti sul territorio di residenza o più vicini a loro e più adatti alle loro esigenze.
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Intervista gentilmente rilasciata dal Prof. Fabio Lanfranco – medico specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio al Gruppo SVITATI47